Destino Manifesto
Un viaggio ai confini del mondo
Un tempo gli abitanti della Papua nuova Guinea portavano in sé l’equilibrio dell’universo trasformandolo in una contagiosa energia vitale, poi il passaggio devastante dell’uomo ha deturpato la natura circostante e ridotto i confini delle tribù a piccoli recinti. I ritratti esposti appartengono alle etnie maggiormente colpite dal processo d’inarrestabile estinzione.
Dal titolo Destino Manifesto, il fotografo Gabriele Zago indaga sul concetto di inclinazioni e vulnerabilità di una tribù che sta scomparendo, con un linguaggio volutamente pop legato al mondo del consumismo. Ne svela le linee di frattura, associate a questi temi, creando nuovi percorsi che gettano una luce inedita sulla condizione umana, in un esperimento di critica sociale.
Manifesto come indiscussa evidenza, inequivocabile lento declino di un popolo che soccombe sotto i nostri occhi, in una tensione metafisica latente, inerente alla prorompente forza evocativa del lavoro dell’artista.
Fotografie in cui spazio e tempo viene invertito, irriducibili essenze profane di situazioni prosaiche.
Soggetti immortalati nel loro habitat, sfocati e violati da una texture dai colori volutamente violenti e innaturali, non tolgono la fiera compostezza dei personaggi. Posture che forniscono spunti per ripensare a una nuova soggettività nelle sue accettazioni. La griglia della falsa natura, non più madre ma devastatrice, costringe ad abitare in uno spazio di contraddizione. L’artista amplifica la natura interconnessa delle cose e delle loro intimità, dando voce a impulsi primordiali attraverso la valutazione delle differenze e delle possibili convergenze tra dimensioni apparentemente inclassificabili. I soggetti hanno bisogno reciproco l’uno dell’altro tra natura e tribù, tra umano e inumano, tra reale ed artificiale, riconoscendo le condizioni di criticità per riposizionare il centro dell’attenzione sulle politiche sociali, ambientali, economiche e culturali. Testimonianze empaticamente potenti sull’evolversi della vita, in comunicazione con l’espressività del corpo e le sue concretizzazioni nello spazio e nel tempo.
Un intimo, filosofico e poetico rapporto tra uomini e ambiente. La mostra non si presenta lineare ma a ventaglio dove l’osservatore è invitato ad entrare tra gli arcipelaghi di tradizioni e culture nell’atto di prendersene cura.
Chiara Sticca